Web Tax

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Web Tax

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In questi giorni possiamo leggere su quotidiani e siti di economia e finanza le ultime in materia di web tax, che pensata per colpire i proventi dal web di multinazionali che vendono in Italia con i loro siti ma evadono le tasse, sembra cadere come una mannaia – o almeno sembra questa la minaccia che promette con un nome simile – su chiunque abbia profitti da un sito web, anche il piccolo artigiano o il piccolo commerciante che con un sito di vendita ha cercato o vorrebbe provare, a superare la crisi.

Niente ancora di definito, ovviamente, non nel dettaglio, e anzi sembrano aleggiare su questa nuova imposizione venti di incostituzionalità. Ma peraltro è vero che chi è registrato in Italia come commerciante o artigiano o qualsivoglia attività con partita IVA, già paga le tasse per i proventi dal web, equiparati nel caso della vendita ad utilizzatori finali alla vendita per corrispondenza, e quindi non potrà avere un supplemento di tasse sulla propria attività solo perché ha scelto il canale del web per raggiungere i propri clienti.

Che la web tax venga ammortizzata dal credito di imposta o da altri meccanismi fiscali, se è vero che la tendenza generale degli enti governativi e no è quella di promuovere la crescita delle aziende italiane, piccole e grandi, oltre che il recupero delle tasse dai furbetti, va da sé che una tassazione doppia per chi ha un’attività legalmente esercitata non potrà trovare applicazione, salvo trasformare il “rancore” denunciato dal Censis, in piena rivolta con forconi e quant’altro.

Un buon articolo che ho trovato online è questo:

Webtax: una tassa che è qualcosa di più

Consiglio a chi fosse interessato all’argomento di leggerlo: tenersi informati, in questi casi, non guasta mai.

E a chi avesse intenzione nel prossimo futuro di avviare un’attività di vendita online di non lasciarsi scoraggiare da notizie spesso confuse e mal confezionate.